Gli effetti di esercizi affaticanti sulla severità delle onde d’urto e sulla loro attenuazione sono stati spesso studiati e sono stati spesso oggetto di interpretazioni e considerazioni contrastanti. Si suggerisce che l’affaticamento muscolare indotto dall’esercizio porti ad un una maggiore severità d’urto per la tibia, l’osso sacro e per la testa perché l’affaticamento muscolare, porta ad una diminuzione della capacità di attutire gli impatti. Numerosi studi che hanno investigato su esercizi di corsa breve e intensa hanno suggerito un aumento di onde d’urto e vibrazioni sulla tibia, sul sacro, e sulla testa con l’aumentare della fatica, della falcata o di simili lunghezze rispetto allo stato non affaticato.
SFONDO
I maratoneti sono esposti ad un elevato numero di colpi da impatto e da grave affaticamento neuromuscolare. I corridori possono gestire lo stress meccanico e l’affaticamento muscolare, modificando la loro cinematica in esecuzione.Gli obiettivi dello studio sono stati:
(1) indagare sugli effetti di una Ultramaratona montana di 110-km (MUM) sugli shock tibiali in accelerazione e sulla cinematica degli arti inferiori;
(2) se i cambiamenti cinematici sono modulati in base alla gravità della fatica neuromuscolare.
METODI
Ventitre corridori hanno partecipato allo studio. Alcuni semplici test muscolari sono stati eseguiti pre- e post-MUM, per valutare l’estensore del ginocchio (KE) e la flessore plantare (PF), la fatica centrale e periferica, ed è stata completata una prova su di un tapis roulant durante la quale sono state misurate la frequenza del passo, l’accelerazione di picco, la frequenza mediana e l’impatto contenuto dall’accelerazione tibiale, gli angoli di flessione della caviglia al contatto iniziale, e il ROM della caviglia usando un’analisi video.
RISULTATI
E’ stata osservata una grande fatica neuromuscolare, compresi alcuni cambiamenti periferici e deficit di attivazione volontaria, durante una KE e una PF, a seguito della prova. Sono stati notati dei decrementi rispettivamente del 35% e del 28% per la KE e la PF. Tra le variabili biomeccaniche, la frequenza del passo è aumentata del 2,7% e il range of motion della caviglia è diminuito del 4,1% post-MUM. I corridori che hanno adottano un passo con impatto non nel retropiede nel pre-MUM, hanno adottato un modello di impatto del piede post-MUM con minore flessione plantare; mentre quelli che hanno adottato un passo con impatto nel retropiede nel pre-MUM, tendevano ad adottare un modello di impatto del piede nel post-MUM con minore flessione dorsale. Sono state osservate correlazioni positive tra le variazioni percentuali nella fatica periferica durante una PF e nella escursione articolare della caviglia. La fatica periferica in PF è stata anche significativamente correlata ad entrambe le variazioni percentuali di frequenza del passo e dell’angolo della caviglia durante la fase di contatto del passo.
CONCLUSIONI
Questo studio suggerisce che in uno stato di affaticamento muscolare estremo, i corridori utilizzano delle regolazioni di protezione/compensative che portano ad un atterraggio a piede piatto e questo è fatto in modo dose-dipendente rispetto alla fatica neuromuscolare. Questa strategia può puntare a ridurre al minimo il carico complessivo applicato al sistema muscolo-scheletrico, tra cui gli urti e gli stiramenti muscolari.
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